giovedì 17 ottobre 2013

Spotify, Deezer, Grooveshark: Dal vinile all'ascolto della musica in streaming

Un tempo si passavano interi pomeriggi per "registrare" (questa era il termine che veniva utilizzato), i dischi in vinile sulle cassette. Il termine corretto era compact cassette poiché erano già una evoluzione rispetto ai nastri (sempre magnetici), avvolti in bobine. Comunque registrare un disco su una cassetta per un amico (il termine copiare non veniva mai utilizzato), era di per sè un'azione sociale. Si condivideva (anche se con tempistiche bradipesche), la propria musica con gli amici, magari in loro compagnia chiacchierando e magari suonandoci sopra qualche accordo. Al tempo pertanto la terminologia non era: "mi copi l'ultimo degli U2" bensì "mi registri l'ultimo degli U2", con una valenza terminologica pertanto ben differente.



Il disco in vinile era un oggetto di culto e, solitamente una volta acquistato veniva registrato su una cassetta. Il concetto era quello di ascoltare il disco dalla musicassetta il più delle volte per usurare il meno possibile il vinile. Infatti il disco in vinile non aveva una vita infinita come il CD o gli mp3 ma si usurava nel tempo con il ripetuto ascolto. Una volta registrato sulla cassetta il disco veniva custodito in una teca insieme a tutti gli altri con una profonda venerazione. Era voluminoso quindi le foto ed i book interni contenevano foto molto grandi e questo era il lato più bello del vinile che ormai si è perso da tempo. Ascoltare il disco e contemplare le foto della custodia era una pratica  molto diffusa a quei tempi. 

C'erano poi i fuori di testa che ritenevano che l'odore del vinile fosse differente a seconda della loro provenienza, se era di provenienza americana, inglese o europea e assicuravano di saperlo riconoscere ad occhi chiusi. Poi c'erano i patiti/folli delle registrazioni perfette che volevano raggiungere con la cassetta la stessa qualità audio del vinile. Le sfide fra alcuni audiofili consistevano nell'ascoltare la musica in cuffia e cercare di comprenderne la fonte, se di provenienza vinilica o magnetica.

Anche le cassette una volta aperte avevano un odore (puzza), non indifferente e fra gli audiofili si sparse la malsana idea che quanto più puzzassero tanto  maggiore era la loro qualità. 

Comunque anche a quei tempi l'ascolto della musica svolgeva, come sempre, un indubbio compito di socializzazione.


Poi arrivarono i CD. Perfetti e che non si distruggevano mai. Potevi ascoltarli milioni di volte e la qualità rimaneva sempre la stessa di quella del primo ascolto!!! Una figata per chi come me proveniva dal mondo del vinile. Purtroppo però l'industria discografica ci lucrò sopra, e, se ai tempi un disco in vinile costava 13/14 mila lire lo stesso disco in versione CD ne costava 25. Fu un vero e proprio furto legalizzato ma con questo atteggiamento l'industria discografica si diede una zappa sui piedi. L'industria discografica, come spesso è accaduto, non fu lungimirante non comprendendo che di li a poco (siamo sul finire degli anni '80), il CD sarebbe stato facilmente masterizzabile.


Per ovviare al pazzesco aumento di prezzo degli album, ora in versione CD, alcuni piccoli commercianti ebbero l'idea di concederli in locazione. Fu un successo, a Roma nel giro di poco tempo nacquero diversi negozi che offrivano l'opportunità di locatare i CD. Indiscutibilmente il più famoso a Roma fu Rentun Compact in zona Prati. Aveva migliaia di CD, e di quelli più commerciali più di una copia, passata poi la novità del disco vendeva le copie in più. Era un posto bellissimo che era arrivato ad avere un catalogo ben più fornito di qualsiasi negozio di dischi tradizionale in città. Una vera cdteca alla portata di tutti. Il costo per la locazione di un un CD si aggirava intorno alle 2 mila lire per tre giorni.


L'industria discografica però non vide di buon occhio questa idea imprenditoriale venuta dal basso (come si direbbe oggi), e allora di li a poco una legge vietò la locazione dei CD e pertanto tutti i cosiddetti "compattari" chiusero, ma non prima di una svendita totale di tutti i loro cataloghi della quale anche il sottoscritto approfittò. 

Rentun Compact chiuse e con lui anche un'era. Un'era che durò poco, non più di dieci anni ma più che sufficienti per far diventare alla portata di tutti un prodotto molto scomodo per l'industria musicale; venne commercializzato a basso costo il masterizzatore. Ora era possibile copiare (e non più registrare), un CD su un altro CD (vergine), con una qualità audio identica all'originale, a basso costo (un CD vergine costa molto meno di una  cassetta),  in un tempo molto inferiore alla durata del CD stesso. Insomma in una giornata potevo copiare tutta la cdteca del mio amico ed anche quella dell'amico del mio amico e a mia volta potevo fare ulteriori infinite copie del mio CD copiato per tutti gli amici che volevo. L'industria musicale (che aveva appena vinto la crociata contro i compattari), andò ovviamente di nuovo subito in ansia. "Cosa fare, cosa fare bisogna contrastare bisogna contrastare" se lo ripetevano anche i muri delle major discografiche, che ormai erano in tilt... A qualcuno venne l'ideona di proteggere i CD originali da una eventuale masterizzazione con un software all'interno del CD stesso. Il risultato fu disastroso perché i software per la masterizzazione superarono abilmente questo blocco mentre chi acquistava un CD originale e per sua sfortuna aveva un cd player non di ultima generazione non poteva ascoltarlo. Un consiglio che diedi ad un mio amico che si trovò in questa situazione fu: "masterizza l'originale ed ascoltati la copia". Mi prese per pazzo fino a quando non provò la mia soluzione e riuscì finalmente ad ascoltare il cd. 

Per essere precisi però bisogna dire che prima del masterizzatore sia la Sony che la Philips brevettarono dei sistemi per la registrazione digitale su nastro magnetico come il dat acronimo di digital audio tape (Sony), (che però fu utilizzato solo in ambito prevalentemente professionale), ed il dcc (Philips), acronimo di digital compact cassette che però non ebbero successo commerciale. Un po' meglio andò il minidisc della Sony ma nacque troppo tardi per poter diventare uno standard. Infatti arrivati ormai alla soglia della metà degli anni '90 la diffusione in larga scala dell'mp3 era ormai alle porte.

Anche l'mp3 venne accolto malissimo dall'industria discografica; del resto l'mp3 permise la duplicazione della musica in modo ancora più rapido ed immediato rispetto alla masterizzazione, inoltre, occupando ogni brano pochi megabyte fu possibile lo scambio anche on-line con i primi software p2p come Napster.


Non fu più la masterizzazione il problema per le Major, bensì fu lo scambio in rete dei file mp3 a divenire il vero incubo da contrastare. Le Major continuavano a pretendere di vendere i CD a 25/30 euro mentre in Rete si potevano trovare interi album a costo zero, senza dover andare in negozio e con tutta la praticità che l'mp3 aveva rispetto al CD classico.


Contrastare la pirateria solo con slogan emozionali (paragonando il download ad un vero e propio furto), senza offrire una alternativa valida all'mp3 piratato affossò per anni l'industria discografica. Ciò che accadeva era semplice e stupido; le Major ti vietavano di scaricare l'mp3 ma l'alternativa di poter acquistare un mp3 originale non c'era. L'unico modo per acquistare musica originale consisteva nell'acquisto del CD, dal quale poi potevi eventualmente ottenere in mp3 le singole tracce o tutto il CD. E' chiaro che l'exploit commerciale dei lettori mp3 come gli ipod, non era in linea con l'acquisto del CD e successiva trasformazione in mp3. Qualcosa doveva cambiare. Steve Jobs sudò non poche camicie per poter vendere direttamente gli mp3 tramite iTunes. Ci riuscì e fu la svolta. La possibilità di acquistare i brani direttamente da una piattaforma digitale ad 1 euro ciascuno decretò l'inizio di una flessione in negativo della pirateria. Dopo iTunes, si aggiunsero altre piattaforme dalle quali poter acquistare la musica in formato mp3 legalmente. Con gli smartphone, che oggi colleghiamo sempre meno ai nostri pc si acquistano milioni di brani musicali all'anno.


L'acquisto legale in Rete, gli ipod ed oggi gli Smartphone hanno in un certo senso decretato la fine della pirateria musicale. Il consumatore sceglieva la strada della pirateria non solo per una questione di costi ma anche di praticità, tanto che oggi essendo più pratica la strada dell'acquisto legale sta abbandonando progressivamente la strada della pirateria.


Con l'avvento poi della musica in streaming come www.deezer.com, www.spotify.com, www.grooveshark.com il costo per l'ascolto della musica legale è ancora più basso.

Grazie a queste piattaforme è possibile ascoltare la musica online senza pagare nulla grazie alle pubblicità che di tanto in tanto interrompono l'ascolto dei brani oppure, pagando un mensile di 5 euro è possibile ascoltare la musica in tutta libertà senza l'apporto della pubblicità. Se invece si è disposti a pagare 10 euro al mese allora è possibile anche ascoltare la musica offline e sui dispositivi mobili quando non connessi alla rete.
Quale sia la migliore delle piattaforme sopracitate è difficile dirlo. Ognuna ha dei suoi punti di forza. I costi sono comunque molto simili per tutte le piattaforme. Grooveshark nasce essenzialmente come piattaforma gratuita ma è stracolma di pubblicità, Deezer, al contrario di Grooveshark e Spotify non ha la necessità di installare alcun software, funziona tramite browser web, Spotify ha dalla sua una grande popolarità nel mondo, ed in Italia sta prendendo molto piede rispetto alle altre piattaforme, inoltre al momento ha (secondo me), un catalogo più fornito rispetto a Deezer. Queste piattaforme danno anche la possibilità di collegarsi ai più noti socialnetwork creando a loro volta una rete di amici con in quali è possibile scambiarsi consigli musicali e vedere le loro playlist. Non male anche la funzione radio, che permette di ascoltare canali temaci (rock, italiana, soul, ecc. ecc.), oppure radio create dai nosti artisti preferiti, nonchè la funzione "musica consigliata" che sceglie la musica da farti ascoltare in base alla tua playlist e pertanto ai tuoi gusti.

Le condizioni di utilizzo per Spotify attualmente sono: 


Gratuito: Gli gli iscritti al servizio hanno un periodo di prova della durata iniziale di sei mesi, dopo di che sarà introdotto un limite massimo all’ascolto di 10 ore di musica al mese. Ascolto solo su PC e Mac
4,99€ al mese: milioni di brani, nessun limite di ascolto, no pubblicità, condivisione, ascolto solo su Pc e Mac.
10,99€ al mese (prova gratuita per 30 giorni): musica illimitata anche offline, migliore qualità audio, accesso anche in viaggio tramite dispositivi mobile (iOS, Windows Phone e Android).

Le condizioni di utilizzo di Deezer attualmente sono:

Gratuito: accesso al catalogo da qualsiasi parte del mondo, pubblicità tra un brano ed un altro, ascolto solo su PC e Mac. per sei mesi poi ascolto limitato a 2 ore al mes
4,99€ al mese (primi 15 giorni gratuiti): suono di alta qualità, nessun limite di ascolto, nessuna pubblicità, possibilità di scambio playlist, ascolto solo su PC e Mac
9,99€ al mese (primi 15 giorni gratuiti): oltre alle funzionalità precedenti, avrete musica illimitata anche offline, accesso tramite dispositivi mobile e contenuti esclusivi dei vostri artisti preferiti.

Ciò che è di indubbio valore di queste nuove piattaforme è il fatto che anche i neo artisti hanno la possibilità di ricevere compensi per i loro lavori e che stanno infliggendo una ulteriore sconfitta al mondo della pirateria musicale. E' pertanto indubbio anche il fatto che le nuove tecnologie non vanno contrastate, va semplicemente compreso il nuovo valore commerciale/sociale che sono in grado di fornire, altrimenti è una partita persa in partenza. 

Se c'è un cambiamento sociale dovuto all'innovazione (quando questa innovazione è ormai alla portata di tutti), nulla può contrastare tale cambiamento, se non una ulteriore innovazione tecnologica.



2 commenti:

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